Le parole di madama poltrona
Osservavo la libreria da in braccio alla mia inseparabile madama poltrona. Era sfondata più dal peso della conoscenza che dal mio. Mi ci immergevo da oltre un ventennio per dare fondo a quella mia sete di storie, di trame ed intrecci, che mi aveva portato ovunque nel mondo e nel tempo. Ero stata dappertutto, a volte anche contemporaneamente, avevo ascoltato e partecipato, letto e guardato, immaginato e vissuto. A volte avevo anche parlato con i miei interlocutori, i quali mi avevano in continuazione fatto domande o spostata da certezze sempre più labili. E più leggevo più imparavo, più capivo e più erano le incertezze ad aumentare, con la differenza però che queste incertezze erano rassicuranti. La consapevolezza che nulla sia statico o definitivo, quando la maturi attraverso anni e anni e secoli di studi, è un’àncora. Quando invece provi l’altalena dell’instabilità pensando che sia un’anomalia, credendo stolidamente che prima o poi tutto troverà equilibrio fisso, la disavventura è costante. E in ogni angolo di immaginifico mondo, tra un punto e virgola e una parentesi, con me c’era sempre stata la mia inseparabile poltrona. Non riuscivo a concentrarmi se non nel suo abbraccio. Non c’erano treni, o aerei o giorni sotto l’ombrellone che riuscissero a farmi sentire un tutt’uno col mio libro come lei.
Osservavo la libreria dal basso della mia inseparabile poltrona
Era lisa ai bracci e al poggiatesta, era consunta e lucida dov’era stata maggiormente a contatto con la mia inquietudine. Ma non era parte dell’arredamento, neanche della libreria, era parte del viaggio, del sogno, delle scelte. Guardavo la libreria e pensavo che gli ultimi due libri che vi avevo aggiunto non erano stati poi così incredibili come speravo. Era già successo in realtà. Qualche anno fa, dopo una serie di letture non veramente avvincenti, smisi il mio appuntamento quasi quotidiano con madama poltrona. Avevo deciso che se mai avessi ancora letto, non sarebbe stato con dei libri che arrivati ad un certo punto erano diventati noiosi e prevedibili. Aspettai a lungo, anni interi, prima di ricominciare i miei viaggi nel mare benedetto dell’inchiostro. Speravo che mi piovesse dal cielo un libro che mi avrebbe nuovamente inchiodato a quella spalliera in modo irreversibile. Ma come potevo trovarlo se non lo cercavo? Se non iniziavo a leggere fidandomi degli autori di sempre o cercandone di nuovi, come sarebbe riaccaduta la magia? Poi, un giorno, all’uscita dall’ospedale, dentro un supermercato dove ci eravamo fermati per comprare qualcosa da stuzzicare durante il lungo ritorno a casa, vidi un esiguo angolo dedicato ai libri. Lo guardai perplessa, non perché fossero (i libri) nel supermercato – nulla come i libri è più vicino al nutrimento – ma perché vidi solo libri di famosi chef, o libri dei guru dei social, o libri di improbabili romanzi rosa respingenti anche solo dal titolo tradotto male.
Speravo che mi piovesse dal cielo un libro
Niente che potesse davvero trasformarsi nelle magnifiche macchine spazio-temporali per portare i lettori sull’isola che c’è solo per chi ha occhi per vedere. Sorrisi con una punta di amarezza pensando che tornata a casa non avrei più cavalcata la mia fida poltrona, non avrei slacciato la cintura di sicurezza che incombe sulla quotidianità, non sarei ripartita per quelle mete sognanti che qualunque libro di letteratura o di altissima narrativa offre, senza la possibilità alcuna di essere traditi. E mentre scorrevo malinconica quei pochi scaffali, eccola! Era lei! Mi guardava! Da una copertina, una ragazza che portava una luce in mano, mi guardava. Ebbi un brivido. Non conoscevo nulla di quel libro, né dell’autore, solo vedevo che quella ragazza mi guardava, mi chiamava, mi chiedeva di portarla con me nel viaggio che avrei dovuto necessariamente riprendere. Presi il libro e andai alla cassa. Pagai il mio libro aspettando che gli altri mi raggiungessero con gli acquisti mangerecci. E fu esattamente così che riprese il mio peregrinare per mondi sconosciuti, per storie sconosciute, per volti sconosciuti ma che presto sarebbero divenuti familiari. Riprese l’ossigeno ad attraversare vite su vite, riprese la mia poltrona a farsi navicella e portarmi in giro comodamente perché solo la coscienza si scomodasse e si rimodulasse e rivedesse nuovamente i suoi punti di vista. Guardavo la libreria immersa nei miei pensieri dal ventre di madama poltrona. In seguito altri due libri senza carburante si sarebbero fatti strada tra gli scaffali, ma questa volta il continuo cercare di nuove e avvincenti storie e soluzioni non ebbe più rallentamenti. A volte i libri ci scuotono, a volte ci fanno solo una compagnia composta, a volte non sono le “persone” che vorremmo frequentare per una passione che non sboccia, ma l’errore sarebbe smettere di cercare nuove storie, nuovi amori, nuovi amici, solo perché qualcuno ci ha deluso.