Il sapore delle ciliegie
Si riparava dal torrido sole che la fine di quella primavera aveva deciso di offrire, quasi come fosse un dazio pagato all’estate che non aveva trovato spazio per nessuna forma di anteprima. Le stagioni amavano spesso anticiparsi e mischiarsi l’una nell’altra per consentire passaggi graduali e morbidi, tranne quella volta.
Si trovava seduta su di un basso ramo sotto il ciliegio carico di frutti. La canicola si sentiva forte, sfumava la vista come davanti un fuoco, ma lei aveva deciso che dopo l’insalata condita con molto aceto da bere poi dal piatto, di mangiare la frutta direttamente dal produttore, al di là del tentativo della madre di proteggerla da quel meriggio asfissiante. Era felice perché la scuola sarebbe finita entro pochi giorni e anche lei, sempre così studiosa, poteva giocare d’anticipo e sentirsi libera prima ancora dell’ultima nota della campanella che metteva fine a quell’anno, alla scuola media, a quei compagni di classe non troppo amati, ai professori che non la stimolavano più. Sarebbe andata a quel liceo dove solo lei e un’altra compagna avevano deciso di andare, peraltro in sezioni diverse, quindi l’idea di iniziare da capo, senza il giudizio di quelli che, a stagioni alterne, la cercavano o la temevano perché ribatteva su ogni questione che ledeva i diritti di qualcuno, impedendo così ai bulli di esercitare il loro poterucolo, la faceva sentire in pace.
Era felice perché la scuola sarebbe finita entro pochi giorni
Sentiva di diventare grande, di aver acquisito dimestichezza con le lingue – cosa che da sola le allargava le prospettive -, sentiva di aver bisogno di gente nuova alla quale raccontare le sue idee e con la quale moltiplicarle ascoltandone di altre. Aveva voglia di iniziare una vita che fino ad allora aveva considerato allenamento. Mangiava le ciliegie a coppia, due per volta, sorrideva assorta nell’immagine che la sua speranza le rimandava, immaginava quell’albero come fosse la palma di un luogo esotico dove riposare in quella estate senza pensieri, senza rientri anticipati per creare gruppi di studio con i compagni per consegnare completi i compiti che la scuola soleva dare ai ragazzi come il più classico dei rovina-vacanze.
Ma perché i professori non riuscivano a capire che le vacanze erano per i ragazzi, perché si riposassero, perché ossigenassero il cervello e facessero altre esperienze, piuttosto che credere che fossero per loro? Eppure, era gente che aveva studiato, gente magari laureata, che però faceva fatica a capire che con la scuola chiusa loro continuavano a prendere lo stipendio senza fare nulla se non godersi il sole e il mare, e i ragazzi, invece di vivere di gioco, riposo e dolce far nulla, erano oberati da più responsabilità che durante l’anno. Questa cosa la faceva impazzire. Ma che ci vuole a capirlo? Che forma di frustrazione vivevano al punto di desiderare di rovinare le vacanze a quei poveri ragazzi!? No, no, nessuno credesse alla falsità che lo facessero per loro, per non far perdere la mano e il ritmo per lo studio; lei li aveva sentiti gli psicologi parlare di come il cervello dei ragazzi avesse bisogno di riposo e diversificazione. Niente, non lo capiva. Non sarebbe mai voluta diventare insegnante se non per far sì che almeno i suoi, di ragazzi, fossero salvati dall’ingiustizia senza tempo dei compiti delle vacanze.
Ma perché i professori non riuscivano a capire che le vacanze erano per i ragazzi
Anche questo adesso era diventato in pensiero: poteva lasciare sole intere generazioni di ragazzi che avendo lei come loro insegnante capirebbero il valore sia dello studio che del riposo? Ed ecco che un altro impegno che il suo spiccato senso di giustizia le metteva innanzi. Poteva essere quella un’opzione? Diventare professoressa perché ai ragazzi, dopo un anno faticoso e impegnativo, venisse riconosciuto il diritto al riposo? E se invece fosse diventata preside, non avrebbe potuto fare di più per tutta una scuola intera? O forse Ministro per aiutare tutte le scuole?! O Presidente del Consiglio, perché ogni settore risentisse della sua voglia di diritti riconosciuti e doveri assunti?! Sì, poteva fare tutto questo. Ma ci avrebbe pensato dopo. Ora quel caldo così umido le faceva desiderare il mare; quella gioia d’estate e quei pensieri su tutte le possibilità che aveva, la fecero abbandonare in un sorriso sognante, romantico, emozionato, profondamente ancorato all’anima alla quale certamente assomigliava e dolce, molto dolce: sapeva di sogni che sbucavano dal cassetto semi aperto e adeguavano gli occhi alla luce; sapeva di ciliegia, aveva esattamente lo stesso colore.