La signora senza il cagnolino e la soggettività
La signora da piccola era molto appassionata di fumetti, aveva scoperto da poco Linus nella camera della sorella maggiore e non passava giorno senza intrufolarsi di soppiatto a prendere il prezioso giornalino e a mettersi comoda per terra, dietro una tenda, a leggere.
Di nascosto perché sua sorella era piuttosto gelosa delle proprie cose, e in particolare di Linus, ritenuto troppo “avanti” per una bambina. Eppure la bambina attraverso le strisce formò la sua identità.
Le scienze sociologiche ci dicono che la nostra identità è formata da identità oggettiva, e identità soggettiva. La prima è l’insieme dei fattori fisici, dell’identità sociale, chi siamo, che lavoro facciamo, e dell’identità psicologica, come la nostra personalità, lo stile di vita, e il nostro comportamento. Ma allora quella soggettiva che cos’è? Scendiamo nel profondo dell’identità personale, andiamo ai confini del dasein- espressione della filosofia tedesca– dove troviamo la coscienza del proprio essere. Questa parte profonda dell’essere, questo nucleo duro immutabile al di là degli urti del tempo e delle tempeste delle esperienze ci permette di restare saldi e ancorati alla nostra identità qualunque cosa accada all’esterno.
Così nei vortici della fanciullezza, delle scoperte e dell’adolescenza poi, la signora senza il cagnolino accompagnò ogni costruzione di sé con le strisce di Linus, letto di nascosto dietro le tende. In BC hart scoprì un certo erotismo primordiale, c’erano solo due donne fra i personaggi, e un’ambiente in cui il timore per il futuro creava frustrazioni come quelle che avrebbe conosciuto poi, ma furono i Peanuts a darle le maggiori soddisfazioni per la costruzione dell’identità.
Lo straordinario mondo di aforismi e di citazioni per raccontare le insicurezze, le illusioni, i desideri e le ansie dei personaggi bambini da Charlie Brown a Snoopy a Lucy raccontavano il mondo a portata di mano più di ogni altra situazione vissuta. Fu allora che un giorno la signora bambina capì che se due persone si ammalano dello stesso raffreddore, Lucy van Pelt ti spiega, senza ombra di dubbio, che “il mio è peggio del tuo perché è mio”. Questo fu per la signora bambina un vivido ed efficace esempio di “soggettività”, mai più dimenticato.