Lettura n. 38 La vita intima di Niccolò Ammaniti
Quando ti accosti a un autore che hai molto apprezzato in passato, e che scrive un nuovo libro dopo sette anni, forse hai troppe aspettative. E io credo di essere stata un po’ fuorviata dalle mie aspettative, perché a me Ammaniti piace davvero, eppure, eppure questo libro che nel complesso posso dire non sia affatto male, non mi ha lasciato quel senso di pienezza che nei tempi passati l’autore riusciva a donarmi dopo aver chiuso l’ultima pagina.
Un quadro a tratti ben riuscito di una parte del nostro paese, con un tentativo di utilizzare uno sguardo ironico e rendere un po’ ridicole certe dinamiche. Non brilla l’andamento della storia se non in alcune parti, verso il finale, ma ci devi pur arrivare e in alcuni momenti confesso di aver messo giù il libro un po’ annoiata.
I temi: la dicotomia vecchia fra pubblico e privato, la differenza fra l’essere e l’apparire, la vita intima che qui troppo intima non è, anche perché mi sembra non riesca mai a scendere a fondo nella personalità dei personaggi. Gli stereotipi a cui siamo portati a nostra insaputa sono un elemento di sicura riflessione ma non bastano al ritmo.
Maria Cristina è la protagonista femminile, soprannominata da chi non l’ha mai vista di buon occhio Maria Tristina per i numerosi lutti che l’hanno travolta durante la sua vita, è una figura molto ben riuscita, raccontata dall’autore con maestria di mezzi.
Sembra avere una vita perfetta, bellissima, Maria Cristina è sposata a un politico importante, vive immersa in una vita sociale impegnativa, anche se a volte vorrebbe non farne parte, quando all’improvviso è messa di fronte a un passato indiscreto che senza chiedere permesso torna prepotentemente e la costringe a fronteggiare un dilemma. Cosa possiamo fare di fronte a un passato scomodo che riemerge e rischia di mettere in crisi tutto ciò che abbiamo? Forse sforzarci di elaborarlo lasciandolo venire a galla.
Sembra fragile questa protagonista, intrappolata nel ruolo da bambola della mondanità, in ogni suo gesto sembra esserci uno studio preciso, qualsiasi cosa faccia lei si muove perfettamente nell’ambiente circostante.
“È la regia occulta e glamour del super io freudiano che la dirige anche quando, disperata in un bosco, cerca di trasformarsi in un anacoreta e che le rammenta di restare composta e strizzare le chiappe per gli spettatori invisibili che assistono allo svolgersi del suo arco vitale.”
Un po’ alla volta ne scopriamo aspetti nascosti, traumi mai superati del tutto, e una profondità d’animo accompagnata da un bisogno d’amore. Tuttavia la lingua poco attraente, e la trama non accattivante, con qualche caduta nei cliché, non ci rende un quadro intenso come i precedenti lavori, ma gli rendiamo omaggio perché è pur sempre un libro di Ammaniti.