Il mostro – di Paolo Cutuli
Una casa e non un teatro è il giusto teatro per questo piccolo grande gioiello fatto in casa
Perché la casa e la famiglia sono i luoghi in cui certe cose si consumano. Per rabbia, per incapacità, per vergogna, per decoro, per ristrettezze culturali, per piccineria intellettuale, o perché… la gente parla!
Siamo raccolti come intorno ad un focolare, sono solo pochi i posti disponibili per assistere a questo spettacolo, perché se si è in pochi ci si avvicina, le distanze si riducono, l’intimità aumenta, le responsabilità di ognuno si amplificano.
Fortunata detta “Nata pummadora pe’ ‘nzalata” (Nata, pomodori per l’insalata) ci racconta. Si racconta. Diventa il nostro Virgilio nel percorso dentro la sua vita e la vita delle altre persone del paese, che si riconoscono tra di loro non per il cognome, ma per il soprannome, che quando va bene afferisce ad un lavoro, quando invece il lavoro non è così distintivo, o non c’è proprio, si passa a declinazioni corporali, a difetti o a caratteristiche che spesso tramutano il soprannome in ingiuria.
Siamo raccolti come intorno ad un focolare
Nata è accogliente e confidente, ci mette a parte degli innumerevoli fatti paesani, anche folkloristici, che sfociano troppo spesso in pettegolezzi e invidie, ma che arricchiscono la vita lenta e immobile di certi paesi dove non c’è vento che possa sradicare le radici più profonde e incancrenite che àncorano le persone ad una certezza preoccupante ancorché rassicurante: la modernità di cui ci si vorrebbe far vanto, è solo una sbagliata lettura di una sbagliata indipendenza che ha sbagliato a farci credere che potrebbe essere raggiunta.
Ascoltiamo le parole di Nata, ridiamo, ci divertiamo a scoprire come ogni paese è un mondo conosciuto, dove cambiano i dialetti ma non le caleidoscopiche facce dell’anima. Ma dentro Nata che parla, c’è il suo autore, il suo interprete, il suo regista. C’è un Paolo Cutuli che, in stato di grazia, ci prende uno per uno e decide come metterci di fronte alle miserie umane. Una strategia estremamente efficace ma subdola e tagliente. Ci intrattiene facendo sì che ognuno di noi appoggi in terra la corazza con cui solitamente si scherma per proteggersi da argomenti spinosi e refrattari. E mentre Nata ci parla, Paolo ci guarda negli occhi e quando capisce, dalla nostra partecipazione, dalle nostre risate, dal nostro gusto e dalla nostra rilassatezza, che siamo oramai vulnerabili, smette di parlare con noi. Il teatro di narrazione diviene dramma. E noi smettiamo di essere interlocutori per essere ciò che in realtà siamo dall’inizio ma senza saperlo: inermi spettatori di un’opera teatrale spiazzante, imprevedibile, incredibile, priva di appigli che ci facciano orientare e non precipitare. Un contropiede, quello del bravissimo Cutuli, che lo catapulta davanti alle nostre porte vuote, senza difesa schierata, senza più neanche fiato. Siamo oramai dentro la rappresentazione della ferocia umana, del nichilismo, della disperazione.
Ogni paese è un mondo conosciuto
Adesso sì che trova senso la luce tetra che illumina la scena sin dall’inizio. Ora sì! Ora è arrivato il mostro. Chi poi sia il mostro non è dato sapere. Nata non parla più con noi, parla con Angelo, suo figlio, tenuto legato nell’altra stanza. Noi li sentiamo urlare quando Nata va di là a parlargli o a medicargli le ferite che: si auto infligge? Che gli infligge Nata? Un figlio venuto da un peccato mortale di vent’anni prima e tenuto segregato. Un mostro dagli urli belluini che Nata accudisce, contro cui Nata combatte. Noi non lo vediamo mai. Non lo vediamo neanche insieme a Nata. Perché sono in fondo la stessa mostruosità inscindibile. Li sentiamo. E quando si ascoltano delle voci, le immagini di ciò che accade dipendono solo da noi. E se si è in grado di ”vedere” quello che si sente, provando sofferenza e fatica; se si è in grado di produrre da sé certe immagini, allora è perché si è in fondo tutti contemporaneamente anche nell’altra stanza. Forse non la si frequenta troppo, non la si conosce, la si tiene chiusa, ma da qualche parte dentro di noi c’è. Siamo tutti mostri, dobbiamo solo aspettare l’evento giusto che ce lo faccia scoprire.
Paolo Cutuli è l’eccellente autore di un profondissimo testo. È il regista intelligente di questo sconvolgente spettacolo. È l’attore che dà corpo a Nata. È la voce che dà esistenza ad Angelo. Ed è anche il suo corpo martorizzato. Paolo Cutuli è il mostro. Un mostro di bravura.
Seguitelo.
Andatelo a vedere sempre.