Lettura n. 37 V13 di Emmanuel Carrère
A mio parere Carrère è uno degli autori più completi e interessanti del panorama mondiale della letteratura contemporanea, e in questo lavoro che ho fortemente voluto leggere nonostante l’argomento dolorosissimo, ha dato una prova ulteriore delle sue capacità descrittive dell’animo umano.
Siamo di fronte a un lavoro di cronaca giudiziaria, di uno dei processi più complessi degli ultimi anni in Europa, i nove mesi di sedute dedicate ai fatti tragici degli attacchi terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi, al Bataclan, allo Stade de France e nei bistrot in strada. Carrère ha seguito ogni seduta, ogni dibattimento, ogni testimonianza e lo racconta a noi senza perdere mai la lucidità e allo stesso tempo riuscendo ad entrare negli stati d’animo di ogni vittima, ogni superstite, ogni familiare, mantenendo la giusta distanza fra dubbi e certezze, sul filo della sofferenza psichica e fisica degli orrori subìti. Già lo avevo profondamente apprezzato nei suoi romanzi precedenti e penso che nessun altro autore avrebbe potuto raccontare tanto bene un argomento così difficile e turbativo. La sua sorprendente capacità di compenetrare l’animo umano e la sofferenza psichica già ampiamente provata nelle sue narrazioni precedenti qui viene messa a dura prova dall’incomprensibilità dei gesti degli attentatori.
Ragazzi della stessa età di moltissime vittime, ragazzi che sono stati bambini con mamme che li tenevano per mano e li accompagnavano a scuola, ragazzi che poi si sono trasformati in attentatori senza pietà e hanno generato un tappeto di sangue e carne umana, corpi ammassati e aggrovigliati, morti e superstiti insieme. Agghiacciante palcoscenico di quanto il Male può produrre distruzione, dolore, e sfascio di tante esistenze umane, senza un motivo. Carrère mette insieme gli sguardi dell’unico sopravvissuto attentatore e di quello delle madri di alcune vittime, li mette di fronte l’uno con le altre, ci pone in quell’aula facendoci diventare spettatori. Ogni deposizione diventa storia di vita, perché proprio quel giorno, quel lasso di tempo, perché uno sì e l’altro no, perché quella strada, quel colpo di alla schiena, perché quel bistrot o quel concerto? Le domande si affastellano nella nostra mente. Destino? Non usciamo dall’aula con le risposte, non ci sono parole sufficienti di fronte a certi orrori ma la lucidità di ogni racconto è da lasciarci pietrificati, eppure ci costringe ad andare avanti, a girare le pagine perché siamo spinti da un senso del dovere fortissimo, quello di dare voce a ogni persona e a ogni familiare. Il libro è diviso in tre parti, come tre atti di una tragedia, le vittime, ovvero le parti civili, l’accusato- unico sopravvissuto del commando-, la corte. Nel mezzo le storie spezzate, i racconti dell’orrore vissuto, il futuro cancellato e molto più dei numeri sentiti nei telegiornali dell’epoca. Bisogna fermarsi un attimo, chiudere la pagina e ringraziare il cielo per la forza di continuare a credere nell’umanità. Da una parte i fatti tragici, la ricerca della verità e dall’altra la giustizia con i suoi tempi e le sue leggi. A qualcosa bisogna sapersi affidare.
Emmanuel Carrère deve aver patito tantissimo nel raccogliere queste testimonianze e nel rendercene a noi la versione letteraria così bene, fino a quando racconteremo gli orrori, qualsiasi essi siano nel tempo e nello spazio, vorrà dire che saranno accaduti davvero e renderemo omaggio a chi ha pagato un caro prezzo.