Tavolo per due
C’è questo ristorante francese molto intimo dove vivo. Ha un’ampia sala, la cucina a vista, i tavoli di legno con le candele, un angolo per i cocktail e i piatti spaiati dipinti a mano. C’è sempre una playlist di sottofondo, canzoni lente il giusto che accompagnano calici di vino e menu che cambiano ogni settimana. Fanno anche la crème brûlée, quella con la superficie croccante che Amélie Poulain avrebbe rotto con il cucchiaino.
In questo ristorante ho visto una coppia di mezza età. Li avevo notati in strada, mentre lui le prendeva la mano e insieme si dirigevano al locale. Lei aveva pantaloni ampi e a pois, scarpe rosse e quello stile sbarazzino di chi ha l’innata dote di accostare capi di tessuti e fantasie diverse e di farli funzionare. Appena l’ho vista ho pensato che il suo stile fosse giovane, cercavo di decifrarlo mentre consideravo la sua età. Mi sono rimproverata subito per quel pensiero: chi sono io per decidere se un quadro stona o meno con la cornice che si è scelto?
Lui, d’altro canto, era molto formale. Portava una sciarpa bianca lunga, di quelle che si sistemano dietro la nuca e si lasciano cadere sul petto senza arrotolarle. La giacca blu con la camicia ben stirata lo rendevano elegante senza risultare impettito. Si tenevano la mano, così diversi nelle scelte di stile, così teneri mentre intrecciavano le dita. Ho sempre fatto caso a come le persone si danno la mano. Alcune decidono di tenere l’intera mano dell’altro nella propria, come si fa con i bambini. Altre intrecciano le dita creando una sorta di rete – come loro. Mi domando se il nostro modo di dare la mano cambi con gli anni, se si adatti alla mano dell’altro.
Ho notato che la faceva accomodare, accompagnava la sedia con cura prima di mettersi a sedere e porgerle il menu. Mi sono chiesta quanto antica fosse questa danza tra di loro, quante sedie avesse spostato per farle posto, quante volte avesse aspettato che fosse lei a sentirsi comoda per prima. Parlavano e sorseggiano vino, lei si lasciava andare a gesti ampi, risate poco discrete, i suoi pensieri svolazzavano come il tessuto leggero che indossava. Lui sembrava osservarla leggermente in disparte – ho immaginato o forse ho colto per davvero la sorpresa nel suo sguardo. La sorpresa di essersi ritrovati, di non essersi mai persi, di essere restati insieme. CHi può dirlo.
Ho sempre fatto caso a come le persone si danno la mano. Alcune decidono di tenere l’intera mano dell’altro nella propria, come si fa con i bambini. Altre intrecciano le dita creando una sorta di rete – come loro. Mi domando se il nostro modo di dare la mano cambi con gli anni, se si adatti alla mano dell’altro.
Loro lo devono aver capito, forse con diverse lacrime, forse con la stessa leggerezza che sembra avere lei, un uccellino che si posa sul ramo quel tanto da sentirsi stabile, senza mai piegare il legno.
Avrei voluto avvicinarmi, rubare il segreto, origliare le loro storie, ma il bello dell’amore è che cambia le risposte mentre formuliamo le domande.
Non conosco i loro nomi, né le loro storie, ma gli auguro di restare così, intrecciati come le loro mani, come le radici secolari che ho intuito dietro quelle esistenze.