Lettura n. 35 La novella degli scacchi di Stefan Zweig
Alcuni piccoli libri sono dei veri gioielli, e per me sono anche la dimostrazione che il talento eccelso può esprimersi con la brevità perfettamente . Conosco e apprezzo l’autore austriaco già da un po’ di tempo e ho letto alcune delle sue novelle brevi amandole profondamente.
Non sapevo cosa aspettarmi da questa lettura, non mi era chiaro come il parlar di scacchi potesse in qualche modo legarsi con lo stile indagatore delle personalità umane utilizzato magnificamente da Zweig. Con poche pennellate siamo proiettati nell’atmosfera del viaggio, su un piroscafo che naviga da Buenos Aires verso New York, a bordo c’è il nostro narratore e subito ci informa che un noto campione di scacchi è lì. Czentovič è il campione mondiale, un uomo rozzo, ignorante, e anche scontroso che subito ci viene messo in una luce non gradevole. La sua limitatezza sembra svanire esclusivamente quando si siede a un tavolino per giocare a scacchi con l’avversario, tuttavia ha anche un altro tratto ignobile della sua personalità: è schifosamente avido, e non fa mistero di questo suo attaccamento al denaro, tanto che, alla richiesta di un gruppetto di appassionati del gioco degli scacchi, di intraprendere una sfida con un giocatore dilettante, lui accetta dietro un compenso ben stabilito. Tutto sembra essere dalla sua parte fino a quando un omino timido e discreto non si siede dapprima a suggerire ai giocatori le mosse giuste poi si mette di fronte alla scacchiera e, iniziando a giocare contro il rozzo campione, lo mette in difficoltà. Il dottor B. è un uomo che nasconde ombre, passato e un talento immenso per il gioco degli scacchi, come andrà a finire e cosa accadrà lo saprete solo leggendo questo piccolo capolavoro.
La scrittura di Zweig è precisa, costruisce subito la giusta atmosfera e lascia i lettori sospesi a girare ogni pagina per veder come va a finire, il gioco degli scacchi è essenzialmente metafora della vita, e l’aria che aleggia nel racconto è quella fatta di nostalgia per un tempo andato, in cui i valori essenziali dell’umana esistenza sono stati perduti e sostituiti da altri meno nobili. Fa impressione sapere che questo fu l’ultimo lavoro dell’autore prima del suicidio, tutto permeato dalla consapevolezza del tramonto delle anime sensibili a dispetto di una nuova epoca fredda e calcolatrice, figlia dell’interesse economico.
“Infine il contrasto spirituale dell’habitus dei due avversari divenne, nel corso della partita, sempre più plastico, più concreto. Czentovič, il praticone, rimase per tutto il tempo immobile come un masso, gli occhi strenuamente fissi sulla scacchiera; la riflessione appariva in lui come uno sforzo addirittura fisico, che costringeva tutti i suoi organi a un’estrema concentrazione. Il dott. B. invece si muoveva tutto disteso e disinvolto.”
Di questo bel racconto, con una prefazione eccelsa di Daniele Del Giudice, esiste anche un adattamento cinematografico realizzato da Gerd Oswald nel 1960.