La disattenzione
Il sogno
Lei alzò un braccio allungando la mano oltre il capo e sferrò uno schiaffo feroce, potente con tutta l’energia che velocità e inclinazione del braccio riuscirono a generare, una potenza brutale liberata da un semplice gesto. Alfredo cadde, si sollevò da terra, gli doleva la guancia, dal naso scivolava giù del sangue.
“Mma, mma. Sangue mio! Sangue”. Sanguinava Alfredo. Non la guardò negli occhi quando avvicinandosi prese con un cenno morbido la sua mano portandola al viso, con quella disonesta e tenera palma asciugò il suo sangue. “Mma, mma. Ti chiedo umilmente perdono, ti chiedo clemenza”. Ripeteva questa litania senza interrompere il movimento della mano sul suo volto.
un’alba senza memoria
Si alzò dal letto di scatto per interrompere la caduta precipitosa nel vuoto, un tuffo nell’abisso dell’inconscio, una spinta repentina verso la perdizione! Respirava a stento e ansimava. Fuori era notte e corse verso il bagno. Che incubo! Soltanto un brutto sogno!
Mma, mma che sogno era questo? Che notte! Che sogno! Andò alla specchio controllando il naso, il volto, niente sangue. Stava bene non era avvenuto nulla.
La stanza da letto era immersa nel buio, lei girata di spalle dormiva ancora. Ritornò in bagno controllò ancora una volta, si mise a sedere lì per terra tra le piastrelle bianche e nere.
Cosa fosse successo non ricordava nulla, non ricordava nulla del giorno prima, non ricordava che giorno fosse, non capiva il motivo di quel delirio, di quella furia, di tutto quel sangue.
Con la giuntura delle dita si diede dei colpi in testa. Come era possibile che non ricordasse nulla?, solo quel sogno molesto gli ritornava nella mente in modo ossessivo come un tarlo insistente, fastidioso.
Lei dorme ricoperta di bianco lenzuolo
Lei dormiva ancora. Quale brutale energia poteva mai scatenarsi da quella gracile compagna che adesso tenera, stava appena rannicchiata nel letto ricoperta per intero dal lenzuolo, come a volere proteggere il suo pacifico sonno dallo sguardo di Alfredo?
Ritornando in bagno controllò nuovamente il naso. Tutto era normale.
Lui era buono, docile e devoto, remissivo oltre misura. Questa quiete, questa capacità di sopportazione, forse inusuale per un maturo quarantenne, aveva sempre bloccato in lui qualsiasi forma di smoderatezza. Reagiva alle avversità come una triglia prigioniera tra le maglie della rete. Si agitava, scuoteva il suo tempo presente sperando che un eccesso qualunque abusasse sul suo pacifico quotidiano così liberandolo, ma si arrendeva alla presa e così mansueto cedeva alla ragionevolezza, sempre. “Mma, mma. E allora? Qual era la sua colpa?”
Amore e un rotolo di carta igienica
Sognava il Paradiso, ma come gran parte degli esseri umani viveva regolarmente l’inferno della realtà. “Oh amore, amore, amore!”. Ma di quale amore vaneggiava Alfredo?
“Sarò per te il posto tranquillo dove potrai riposare, stendere le tue gambe, poggiarle sulle mie, scalderò il tuo respiro, vigilerò il tuo sonno, sarò per te il custode della tua armonia.” Sottovoce, sussurrando, pronunciando ogni parola, quasi fosse un canto salmodico, Alfredo confessò la sua fragilità al rotolo di carta igienica che teneva stretto tra le mani.
“Mma, mma aiuto, aiuto. Così morirò…!”
Ventiquattro ore prima era un uomo in equilibrio, aveva lavorato, pranzato, giocato a “Go” con Giulio, poi al supermercato, poi in macchina verso l’aeroporto, Lara era felice, splendeva di luce e si ricordò che avevano cantato insieme Jumpin’ Jack Flash dei Rolling Stone, poi il vuoto, ventitré ore di assenza.
Al buio cercò le tracce delle ore mancanti, il corridoio nella semioscurità rifletteva la luce della strada e un raggio di luce si posò su vestiti sparsi per terra e lì accanto tra scarpe, vestiti e una sottoveste rossa tante bottiglie di vino, poi le chiavi della sua auto! E il suo cellulare con sette chiamate di Lara.“Mma, mma. Aiuto, aiuto, aiuto. Così morirò…!”
Kill Bill e la Katana di Uma
Pareva una furia, una leonessa piena d’ira pronta a scatenare tutta la sua rabbia, come Uma Thurman con la sua Katana in Kill Bill.
“Avrei potuto scagliarti addosso il mare in tempesta, avrei potuto strapparti la pelle, avrei potuto graffiare con le unghia il tuo cuore e mangiarlo a morsi…” Così lei, dopo il pugno, nel sogno strillava!
Lui reclamava soltanto i suoi diritti di essere umano, di uomo civile, ben educato, ben predisposto ad osservare tutti gli obblighi che la società liberal democratica imponeva senza protestare. Sapeva scegliere sempre il modo migliore per superare le difficoltà, s’impegnava al massimo, nonostante la stanchezza la sera gli facesse risalire in gola l’amaro sapore di delusione, forse non aveva fatto abbastanza!
Forse aveva combinato un pasticcio. Che ho fatto di male, Lara?
Il ritorno dall’aeroporto e poi e poi e poi… nulla, non ricordava nulla.
Il bagno si era ristretto, lo specchio oscurato, le piastrelle annerite, le sue mani tremavano mentre raccoglieva da terra una ad una tutte le gocce disperse della sua paura.
Era quasi giorno e lei si sarebbe svegliata, forse lo avrebbe chiamato “Alfredo, dove sei?”, invece, solo pochi minuti dopo, sentì arrivare dalla stanza da letto una voce scricchiolante: “Pulcino dov’è il bagno?”
Una bella sorpresa
“Alfredo, amore, tutto bene arrivo stasera. Prenderò un taxi dall’aeroporto. Mi raccomando prepari tu la cena? Dai amore che quando vuoi mi sai sorprendere! Sorprendimi! Sono affamata…ciao a presto”. Quando la segreteria s’interruppe, Alfredo ricordò ogni cosa. Il telefono oltre il balcone superò il cortile, la strada, un platano spoglio finendo in una pozza di acqua e fango. Davvero una bella sorpresa!