“Tavola tavola, chiodo chiodo”, Musella porta in scena l’Eduardo privato e pubblico
Una dichiarazione d’amore nei confronti di Eduardo, del suo fare Teatro e della grande magia che va in scena quando si fa buio in sala, il sipario si apre e si accendono le luci sul palco. Per la seconda stagione consecutiva, Lino Musella porta al Vascello di Roma lo spettacolo di cui è autore e interprete: “Tavola tavola, chiodo chiodo”, titolo che evoca le parole incise su una lapide del palcoscenico del San Ferdinando di Napoli fatta erigere dal Maestro a Peppino Mercurio, il suo storico macchinista, che tavola dopo tavola, appunto, aveva costruito quello stesso palcoscenico distrutto dai bombardamenti nel 1943.
Una prima, quella del 21 febbraio, da tutto esaurito, in cui non sono mancati applausi a scena aperta e che al termine della rappresentazione ha “costretto” Musella e Marco Vidino, compositore ed esecutore dal vivo delle musiche realizzate ad hoc per lo spettacolo, a ripresentarsi più volte al cospetto del pubblico per i ringraziamenti.
Un’ora e quaranta minuti, senza sbavatura alcuna, in cui attraverso la lettura di appunti, articoli, corrispondenze e carteggi di Eduardo De Filippo, si dipanano la sua storia personale, tra il rapporto conflittuale con il fratello Peppino e la lontananza dagli adorati figli Luca e Luisella alla quale era costretto dagli impegni romani, e quella professionale, con i ritardi nella riscossione dei cachet e il fiato sul collo degli istituti di credito ai quali si era rivolto per ottenere i fondi necessari al restauro del San Ferdinando. E poi le parole infuocate riservate alle istituzioni, ree di non fare abbastanza per difendere il Teatro in Italia, e gli appelli accorati a invertire la rotta.
Un cilindro magico accompagna Musella, facendogli ora da scranno su cui salire in precario equilibrio, poi da megafono luminescente. Bisogna parlare, denunciare, combattere, anche se la battaglia appare persa sin dall’inizio.
Suggestiva la costruzione in scena di un candelabro che, dopo aver creato un’atmosfera intima grazie alle fiammelle accese, si trasforma in una ringhiera dalla quale l’attore si affaccia, richiamando alla memoria il famoso monologo sul caffè di “Questi fantasmi”.
Solleticato e sollecitato, il pubblico diventa parte dello spettacolo vestendo i panni di un immaginario Vittorio che Musella incita a vincere la timidezza per scandire bene, con il giusto ritmo, una battuta e far sentire così forte e chiara la sua bella voce.
Anche una lezione di teatro, dunque, quella messa in scena dall’attore napoletano che non manca di suscitare pure qualche risata. Qualcuna ha un sapore amaro, a conferma della verità che il teatro porta con sé, al di là della finzione scenica.
Un progetto di Lino Musella e Tommaso De Filippo
Uno spettacolo di e con Lino Musella
musiche dal vivo Marco Vidino
scene Paola Castrignanò
disegno luci Pietro Sperduti
suono Marco D’Ambrosio
ricerca storica Maria Procino
collaborazione alla drammaturgia Antonio Piccolo
assistente alla regia Melissa Di Genova
costumi Sara Marino
fotografie Mario Spada
produzione Elledieffe, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
In scena al teatro Vascello di Roma, via G. Carini 78, fino al 26 febbraio