Nostalgia
L’hanno cantata, raccontata, rappresentata sullo schermo. Ne abbiamo parlato tutti convinti di recitare una poesia. Sembra non sia rimasto nulla da scrivere.
Eppure, eppure. Qual è il costo della nostalgia? Quali pezzi di noi diamo in cambio per un momento di sospensione dal presente?
La nostalgia non è una donna generosa. Dà solo quando riceve. L’ho capito mentre immagino le mille vite che non ho vissuto, mentre ne disegno il profilo e mi perdo in una missione degna di Sisifo. Quando finisco di tracciare il contorno di una fantasia così reale mi rendo conto che il tratto iniziale è svanito e sto disegnando su una lavagna magica. E a me cosa è rimasto? La sospensione dal presente, quella dimensione ibrida che mi vede con i piedi piantati nel presente, gli occhi al futuro e la testa al passato. Non riesco a smettere. Questa sirena seducente mi sussurra all’orecchio e io non ho fatto in tempo a legarmi all’albero maestro.
Cosa resta dopo la nostalgia? Resta un canto – come dice Pavarotti – resta una foto in bianco e nero o un frammento di ricordo che abbiamo rivisitato così tante volte da averlo sgualcito. Non riesco a condannare questa malìa che mi avvolge e mi lascia confortata, non riesco a instillare il veleno della razionalità in questo gioco degli specchi.
Qual è il costo della nostalgia? Quali pezzi di noi diamo in cambio per un momento di sospensione dal presente?
E allora aspetto qui, con pazienza, che io e Nostalgia risolviamo il nostro conflitto di passione. Le dico che vorrei seguirla, ma non sempre riesco a starle dietro. E nel frattempo la ringrazio perché ho vissuto mille vite, come Totò di “Nuovo Cinema Paradiso” che si è aggrappato a tutti i fotogrammi che ha trovato pur di conservare il ricordo della sua Elena.
Nostalgia è una tiranna, ma non mi resta che soccombere con grazia al suo fascino. Non smetterò mai.