Sacro
Il Teatro è uno spazio sacro.
Ho sempre amato questa parola, perché la sacralità è sempre riferita a qualcuno, a qualcosa.
Sacer, è latino.
Il teatro è lo spazio sacro dell’essere umano, spazio di rifugio e ristoro, spazio di nudità e raschiamento interiore.
Proprio per questo l’atto di andare a Teatro, l’azione di spostare il mio corpo nella sacralità di quello spazio, è per me una delle cose più intense e commoventi che possa esistere, e per questo corredata da un estremo rispetto.
E poi il palco, là dove tutto è generato, cerchio di possibilità e scoperte. Su quel palco ci si muove, o almeno si dovrebbe, con la consapevolezza che qualsiasi cosa si dice, si fa, si pensa, si dona, si usa, deve avere un senso, deve essere spinta dal coraggio della verità e non per smania di far contente le persone di fronte.
Negli ultimi due anni, fra l’altro, questa visione che ho sempre avuto è diventata ancora più estrema, sotto la guida di due maestri che perennemente mi ricordano quanto sia fondamentale la parola in scena e la scena come parola, come narrazione, come vita. Sacre.
Ho visto infinite recite su infiniti palchi, e sempre più provo sdegno per chi ha la pretesa di manipolare senza alcuna logica di riflessione, testi che hanno segnato epoche drammaturgiche, testi che resistono alla decadenza.
Mi sdegnate.
Il Teatro è uno spazio sacro, e non tutti se lo meritano.
©In foto La Vicaria Di Emma Dante.