Punto e virgola – Spremuta Cappuccino Brioche
Spremuta Cappuccino Brioche: non l’ordinazione di una colazione al bar la domenica mattina, bensì il racconto sincero di uno degli aspetti secondari del disturbo alimentare.
Ce lo racconta Alenka per “Punto e Virgola”!
à vous:
Io penso che il tempo vada ringraziato… anche quando passa! Come a tutti mi sono capitate cose non belle, cose che, nel mentre che accadevano, non potevo orse vivere diversamente se no con ansia, paura, dolore. Ora che le posso guardare da fuori, a volte sono presa dalla dolcezza, altre dal divertimento, dall’ironia o dal sarcasmo, altre ancora provo sollievo o invece riesco ad essere più critica e lucida.
Era uno di quei tanti periodi in cui non volevo sentire la fame, mi rifiutavo di sentirla e di ammettere che c’era. Ma dopo lunghi periodi di digiuno, il corpo urla diabolicamente il suo bisogno di carburante e fargli fronte continuando a non mangiare è durissima! Io mi “ nutrivo” di gomme da masticare… Ormai insieme al caffé, lungo e senza zucchero, erano l’unica cosa che entrasse nella mia bocca e dentro il mio corpo. Compravo pacchetti e pacchetti di gomme da masticare ma non bastavano mai mai e mai: uffa! E costavano tanto, come tuttora. Ne masticavo più di qualche scatola ogni giorno e trovarmi senza mi mandava in crisi. Ricordo che un anno, in un negozio di igiene per il corpo e la casa, scoprii la presenza anche di gomme da masticare con prezzo più basso. Andai una due tre volte, poi i soldi finirono e io non sapevo più che fare: disperata, il giorno seguente entrai e misi dentro lo zaino sei pacchetti. Il settimo, in mano, fu l’unico che pagai. Stavo già per saltare in sella alla mia bici parcheggiata lì davanti quando un bel giovanotto mi fermò: si trattava di un un carabiniere. Mi sarei sotterrata! Lui mi guarda, poi apre lo zaino per controllare cosa ci avessi ficcato dentro. »Che cavolo -mi disse- non è possibile, hai preso solo delle gomme da masticare!? Ma cosa te ne fai di tutto ‘sto chewing«« gum?», mi guardò bene, capii che mi stava misurando, intuiva che lo scheletro del mio corpo stava già parlando e rispondendo a quelle che potevano essere le altre sue successive domande. Così non me le fece. Mi sorrise e mi invitò amichevolmente a seguirlo ed entrammo in un bar, insistette per farmi prendere qualcosa, ma io non volevo nulla, era tutto troppo troppo troppo. Solo il caffè se proprio dovevo. Al giovane carabiniere si illuminò il viso: ordinò per sé brioche e cappuccino quindi, mi squadrò ben bene di nuovo e disse: »E per lei un succo d’arancia un cappuccino e una brioche». Credevo di morire: tre alimenti fobici, tre cose che mai avrei mangiato… ero nel panico! Con dolcezza mi spinse a mangiare: «Diciamo che questo è ciò che tu devi fare perchè io ti possa lasciare andare senza altri provvedimenti». Che intelligente! Aveva capito tutto, anche che io avrei vissuto quel suo gesto materno e affettuoso come una punizione. Ma, dico io, come si fa a trovare un carabiniere che ti becca a rubacchiare e poi ti paga addirittura un’intera e bella colazione!
Ogni volta che penso a questo fatto, pur ricordando quanto stessi male e quanta fatica feci a mangiare, ringrazio in cuor mio quel giovane carabiniere che ha saputo guardare oltre e, senza conoscermi, volermi bene.