Punto e Virgola – Io sono Musica
Punto e Virgola oggi si trasforma in una chiave di violino. Sì, perché non saranno le parole bensì le note e la musica a salvare la protagonista della nostra storia di oggi per la rubrica “Punto e Virgola”.
“Io sono Musica”, di Giulia Alis Dogliatti
Disordine: «Spiacevole modo di presentarsi o di condursi, provocato dall’assenza o dalla perdita dell’appropriato criterio di collocazione, disposizione, distribuzione.»
Controllo: «Azione continuata, diretta a disciplinare un’attività secondo particolari direttive o convenzioni.»
Due sostantivi, due significati che sembrano non avere nulla in comune l’uno con l’altro.
E invece sono lati della stessa medaglia, che racchiudono in sé tutto ciò che di positivo e negativo c’è al mondo.
L’universo è nato dal caos.
Non si è presentato proprio nel migliore dei modi: era un blob brufoloso pieno di materia purulenta che poi è esplosa in un meraviglioso spettacolo cosmico.
Noi siamo bellezza in potenza, e forse dovremmo ricordarcelo, ogni volta che implodiamo dall’interno.
Perché è quello che succede, quando si cercano di collocare i pezzettini della propria anima in un corpo e in un mondo che a volte distorce la nostra immagine.
In un mondo che ci illude, e ci fa credere che sia solo uno il nostro specchio autentico.
Ma l’Anima è multiforme per poter essere incasellata.
Peccato che questo lo capiamo solo quando ci giochiamo fino a perderne il senso.
A me è successo.
Ogni volta che quei dolci e quel pane in più tappavano la solitudine di una ragazzina.
Ogni volta che calcolavo le calorie di ogni grammo di cibo.
Ogni volta che le pedalate ossessive sulla cyclette a tutte le ore mi davano l’illusione di avere il comando della situazione. +Ogni volta che qualcuno mi urlava «strana», «nana di merda», «grassa», «pigra». Ogni volta che venivo esclusa, schernita senza motivo.
Ogni volta che cercavo aiuto senza venire notata.
Ogni volta in cui non ero in grado di spiegarmi. Ogni volta in cui non avevo i mezzi per comunicare.
Ogni volta che mi dicevano come sarei dovuta essere, e a me veniva solo da vomitare.
Ogni volta che le malattie degli altri li rendevano sordi al mio appello.
Ogni volta che mi ritrovavo prigioniera in una patologia che non mi permetteva di riconoscere il mio corpo.
Ogni volta in cui mi specchiavo negli occhi degli altri e vedevo solamente disprezzo.
Ogni volta che mi perdevo nei miei , e non riuscivo a trovare una via di uscita.
Ogni volta che quella via d’uscita nemmeno la volevo cercare.
Ogni volta in cui avrei voluto sparire.
Ogni volta in cui, dopo tanto impegno, quasi ci riuscivo.
Non sentivo altro che urla o silenzio, entrambi assordanti.
Ma poi un giorno la musica è cambiata, senza preavviso.
Come se l’angelo del Giudizio avesse suonato una squillante tromba direttamente nelle mie orecchie, svegliandomi dalla catalessi e togliendomi un velo invisibile dagli occhi.
D’un tratto ho visto i contorni delle cose che mi circondavano, e tutto mi è stato chiaro.
La solitudine si è trasformata in rabbia, la rabbia in pugno allo stomaco , e il dolore ha poi spurgato sé stesso, diventando comprensione.
Quella comprensione così lucida da spazzare via tutto il resto. Trasparente, come quegli occhi troppo azzurri da fare paura. Perché è proprio guardando quegli occhi che l’ho capito: la profondità spaventa.
TUTTI.
Anche me.
È in quel preciso istante che mi sono osservata per la prima volta , e ho mollato la presa.
Mi sono lasciata andare e ho ricominciato a respirare.
Ogni cosa è scivolata al suo posto, con naturalezza.
Una naturalezza mobile, come un puzzle a immagine lenticolare. Perché non siamo mai uguali a noi stessi , e forse il cambiamento è il più grande dono che sia stato fatto a noi esseri umani.
Ho ascoltato quella Musica nuova, preludio di una grande battaglia, e mi sono fatta guidare.
Sono entrata nel cammino verso la scoperta di me stessa e ho accettato la sfida.
È faticoso, stancante, eterno, pieno di altalene.
A tratti le vertigini sono divertenti, ma bisogna fare attenzione a non guardare in basso.
Bisogna chiudere gli occhi e nel punto più alto aprirli.
Farsi invadere dai colori che girano, ricordare che non siamo altro che questo: sbavature uniche ed irripetibili.
Oggi ho 27 anni, e sono Musica.
Rido, sogno, suono e canto.
Oggi ho il coraggio di comporre la mia vita come desidero; se scappa qualche nota stonata, la accetto.
Oggi sono cosciente del fatto che siamo tutti parte di un’infinito spettro armonico e cromatico.
Oggi ho i capelli color ciliegia e non ho paura di prendere un pennello per cambiarne le sfumature.
Oggi, domani, sempre.
Ogni volta che ne ho voglia.
Ammiro i colori, nella luce, e non mi spavento quando la vita si fa grigia.
A volte va bene anche non capire.
Perché dopo un bridge ci sarà sempre un ritornello.